Il Piccolo Gruppo - un contenitore e un'esperienza
Il Gruppo evoca, sin dalle sue radici etimologiche, l’immagine di un nodo rotondo (groppo=nodo; truppa=massa rotonda): un circolo di persone, un’aggregazione.
Le prime esperienze di gruppo a scopi terapeutici sembrano risalire ai primi anni del ‘900, condotte da un medico internista con pazienti affetti da tubercolosi. I pazienti, invitati a riunirsi periodicamente e sistematicamente, affrontavano gli aspetti medici e psicologici della malattia. Con effetti positivi sia sul tono dell’umore, sia sul decorso della patologia [Psicodinamica dei Gruppi – teorie e tecniche, Di Maria F., Lo Verso G. -1995]
Il lavoro psicologico in Piccolo Gruppo può essere definito come una prassi in cui il mezzo principe è il gruppo stesso.
Di norma, viene costituito un piccolo gruppo di 8-9 persone, con un conduttore/facilitatore e, a volte, un co-conduttore.
Il Gruppo è al tempo stesso un contenitore ed un’esperienza: presenta caratteristiche peculiari che facilitano lo sviluppo di relazioni, la nascita di legami identificativi, la creazione di una cultura comune e potenti meccanismi traformativi. Il Gruppo non è l’addizione degli individui che lo compongono, ma una somma vitale attraversata da dinamiche profonde, un’aggregazione che assume svariate forme e da luogo a nodi stretti, ma fluidi.
Le proprietà curative e trasformative vanno dunque ben oltre la possibilità di condividere il proprio disagio o il proprio vissuto con altre persone.
L’elaborazione delle vicende individuali avviene in relazione a quanto accade nel gruppo e ai fenomeni che nello stesso si manifestano; ogni evoluzione e crescita personale diviene un elemento utile e potenzialmente trasformativo per tutti.
E’ importante precisare che nel gruppo circola un particolare e complesso concetto di scambio, di qualità decisamente differente da un generico altruismo o da una generosità di superficie. E’ presente, profonda e vitale, l’idea di "dare senza perdere quello che si è dato" o del "ricevere senza portare via". Ciò non significa che la proprietà venga condivisa nel senso di essere “divisa”, bensì liberamente messa a disposizione e accessibile ai presenti. Si ritiene che ogni membro del gruppo trarrà beneficio se tutti i partecipanti si sentono facilitati nel portare all'interno di un pubblico-privato sufficientemente sicuro (gruppo) ciò che si tengono stretti. Viene allora riconosciuto che non si perde nulla e, ciò che viene svelato, rimane proprietà privata, ma del gruppo piuttosto che del singolo individuo [La psiche e il mondo sociale, Zinkin L. (a cura di) Cortina, Milano, 1996]
Liberamente tratto, con autorizzazione dell’autrice, da: La psicoterapia di gruppo - Dott.ssa Raffaella Grassi http://psicologapsicoterapeutaroma.it/la-psicoterapia-di-gruppo/2011/02/